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Trento, 7 ottobre 2003 Giulia Boato, la bella e brava figlia di Sandro, è la cocca di zio Marco. «Per me è come un secondo padre. Quando ho un problema chiamo lui: è un bravissimo psicologo». Identici nei valori, ma diversissimi nel carattere, («Sandro è più introspettivo, Marco è più aperto, ma anche più diplomatico: io sono più simile a Sandro»), i fratelli Boato - Sandro ha 65 anni, Marco 59 - sono un pezzo di storia della sinistra trentina, e Marco pure di quella italiana. E adesso irrompe Giulia, candidata nei Verdi, 24 anni, laureata in matematica, sulla buona strada per diventare docente universitaria, una passione divorante per la danza moderna, ballerina in Tommy, il musical del momento. Le chiedi se vuol dire qualcosa essere una Boato, e lei risponde con ammirevole assenza d'ipocrisia: «Vuol dire sì. C'è tanto orgoglio nel portare questo nome, quando mi chiedono se sono la nipote di Marco, sento crescere in me una grande soddisfazione». Ha respirato politica sin dalla culla. «Vorrei tanto che quella trentina si ringiovanisse, l'altro giorno mi sono ritrovata alla presentazione della coalizione di Dellai al Santa Chiara, ed ero circondata da gente matura, e da pochissime donne. Non m'è piaciuto». Il problema è che Giulia non sa nulla di quel che si agita nel circo della politica locale. «Casanova? Chi è?» «Costruire comunità? Mai sentita». Mai? «Mai!». «Non leggo i giornali, perché dopo otto ore in facoltà, sto conseguendo il dottorato in ingegneria delle telecomunicazioni, e tre ore di danza, mi resta solo il tempo di mangiare e dormire. E' Sandro a farmi la rassegna stampa». Però frequenta i verdi, partecipa alle riunioni, le piace l'assessore Iva Berasi, «cresciuta tantissimo». Sandro ha un altro figlio, Matteo, ingegnere di 32 anni, anche lui pieno di talenti, spesi nella pittura e nella musica, «ma mio fratello ha sempre schivato la politica, io invece ci sono cresciuta dentro, e credo nei valori dell'ambientalismo. Dell'effetto serra noi parliamo da dieci anni». Ogni sera Giulia danza nella compagnia Artedanza, diretta dal suo compagno, Fabrizio Bernardini. Danza e matematica, uno strano binomio. «Al liceo mi piaceva anche la filosofia, sono materie vicine, adoro l'astrazione». Strabuzza gli occhi alla domanda se ha mai fatto parte dei movimenti studenteschi («esistono? ormai credo che non si occupino più le scuole per gli ideali») e sente lontani i new global, che sono un po' i sessantottini di oggi, come lo era sua madre, Odilia Zotta, una donna del Tesino giunta in città negli anni caldi di Sociologia. «Nella vita è bellissimo avere degli ideali, ma non basta distruggere, bisogna anche costruire». I suoi sono di educazione cattolica, un cattolicesimo non particolarmente ortodosso, lontanissimo dalla tradizione italiana, tanto che Giulia non è battezzata, chiama suo padre da sempre Sandro e non papà (un tipico vezzo da Meglio gioventù). «Sono stata educata al rigore intellettuale, con una certa rigidezza culturale, ma se non ero d'accordo mi ribellavo». Venerdì allo Sperimentale i verdi daranno uno spettacolo, «Sempreverde», che vedrà protagonista Giulia Boato, perché alla fine uno fa campagna elettorale con le cose che sa fare. Nella sua borsetta ha il santino, ma più in là non va, «non sarei capace di fare un comizio». Nel'98, nell'indifferenza generale, fu la più giovane candidata, e ottenne 130 voti. Non ama le discoteche, né i fumosi pub dove per parlare col tuo vicino devi usare un megafono, «sono fatta per il silenzio dei boschi, mi piace la montagna, quando ho bisogno di pace riparo alle Viote a fare sci di fondo o a Castel Tesino, nella casa di mia mamma. Lì sì che sono felice». |
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